LA POESIA LIRICA
Lirica era ogni forma di poesia accompagnata dal canto (melos) e per questo è detta anche melica. A differenza di quella epica, destinata alla semplice recitazione, caratteristica essenziale della poesia lirica era il legame con la musica, che veniva eseguita mediante la lira o, più frequentemente, mediante il flauto.
Ad essere precisi, ed attenendosi ad una classificazione rigorosa, il termine "lirica" dovrebbe, però, essere utilizzato solo per la poesia che era cantata con l'accompagnamento appunto della lira o di altri strumenti a corda. Questo genere di poesia, quindi, non dovrebbe comprendere l'elegia, il cui canto era accompagnato dal flauto, e neppure il giambo, perché era recitato e non cantato.
Nella moderna concezione di lirica rientrano, però, sia l'elegia sia il giambo perché, caricandosi di accenti emotivi, affermano una dimensione soggettiva e personale della poesia.
La scuola filologica alessandrina distinse la lirica in corale (canto a più voci), quando il canto era eseguito da un coro, e monodica (canto di uno solo), che si cantava a una sola voce.
La poesia corale o dorica (sviluppatasi per opera di poeti come Alcmane, Terpandro, Arione, Ibico, Simonide di Ceo, Pindaro, Bacchilide) era destinata al canto di un coro in occasione di solennità o feste religiose.
Essa ebbe, pertanto, varie forme: inni in onore degli dei (peani, se in onore di Apollo, ditirambi, se in onore di Dioniso), encomi per persone illustri, epinici per vincitori nelle gare, epitalami per nozze, treni o epicedi per cerimonie funebri, prosodi per processioni, scolii per i banchetti.
La Lirica corale è, chiaramente, rivolta ad un pubblico abbastanza vasto e riunito per determinate occasioni. In tale contesto, essa presuppone un committente e, in ogni caso, per il poeta rappresenta una vera e propria professione che lo rende molto lontano dalla sensibilità moderna.
I canti corali erano composti soprattutto in occasione di festività sacre ed esprimono i sentimenti e le tradizioni della collettività . Per questo motivo la lirica corale si sviluppò soprattutto presso i dori che più forte avevano il senso della stirpe, della patria e della religione.
L'iniziatore di questo genere di lirica è ritenuto Taleta di Gortina che operò a Sparta nel VII sec. a.C.; troviamo, poi, le prime canzoni per cori femminili di Alcmane e quelle di contenuto mitologico di Stesicoro. Abbiamo, infine, i canti in lode dei vincitori dei giochi panellenici (olimpici, pitici, nemei, istmici), prodotti in composizioni articolate e in metri vari da Simonide di Ceo, da suo nipote Bacchilide e da Pindaro di Cinoscefale.
La lirica monodica, detta anche eolica (dai poeti eolici Saffo e Alceo di Mitilene, che ne furono i maggiori rappresentanti), era caratterizzata da strofe brevi, di struttura metrica costante, modellata su schemi melodici sempre identici.
Il poeta monodico, pur senza rinnegare la tradizione culturale di cui è erede, esprime la sua personale visione del mondo, spesso anche in contrasto con quella tradizionale. Egli si assume il compito di smitizzare le idee dominanti e di portare la poesia ad un livello umano.
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Lirica era ogni forma di poesia accompagnata dal canto (melos) e per questo è detta anche melica. A differenza di quella epica, destinata alla semplice recitazione, caratteristica essenziale della poesia lirica era il legame con la musica, che veniva eseguita mediante la lira o, più frequentemente, mediante il flauto.
Ad essere precisi, ed attenendosi ad una classificazione rigorosa, il termine "lirica" dovrebbe, però, essere utilizzato solo per la poesia che era cantata con l'accompagnamento appunto della lira o di altri strumenti a corda. Questo genere di poesia, quindi, non dovrebbe comprendere l'elegia, il cui canto era accompagnato dal flauto, e neppure il giambo, perché era recitato e non cantato.
Nella moderna concezione di lirica rientrano, però, sia l'elegia sia il giambo perché, caricandosi di accenti emotivi, affermano una dimensione soggettiva e personale della poesia.
La scuola filologica alessandrina distinse la lirica in corale (canto a più voci), quando il canto era eseguito da un coro, e monodica (canto di uno solo), che si cantava a una sola voce.
La poesia corale o dorica (sviluppatasi per opera di poeti come Alcmane, Terpandro, Arione, Ibico, Simonide di Ceo, Pindaro, Bacchilide) era destinata al canto di un coro in occasione di solennità o feste religiose.
Essa ebbe, pertanto, varie forme: inni in onore degli dei (peani, se in onore di Apollo, ditirambi, se in onore di Dioniso), encomi per persone illustri, epinici per vincitori nelle gare, epitalami per nozze, treni o epicedi per cerimonie funebri, prosodi per processioni, scolii per i banchetti.
La Lirica corale è, chiaramente, rivolta ad un pubblico abbastanza vasto e riunito per determinate occasioni. In tale contesto, essa presuppone un committente e, in ogni caso, per il poeta rappresenta una vera e propria professione che lo rende molto lontano dalla sensibilità moderna.
I canti corali erano composti soprattutto in occasione di festività sacre ed esprimono i sentimenti e le tradizioni della collettività . Per questo motivo la lirica corale si sviluppò soprattutto presso i dori che più forte avevano il senso della stirpe, della patria e della religione.
L'iniziatore di questo genere di lirica è ritenuto Taleta di Gortina che operò a Sparta nel VII sec. a.C.; troviamo, poi, le prime canzoni per cori femminili di Alcmane e quelle di contenuto mitologico di Stesicoro. Abbiamo, infine, i canti in lode dei vincitori dei giochi panellenici (olimpici, pitici, nemei, istmici), prodotti in composizioni articolate e in metri vari da Simonide di Ceo, da suo nipote Bacchilide e da Pindaro di Cinoscefale.
La lirica monodica, detta anche eolica (dai poeti eolici Saffo e Alceo di Mitilene, che ne furono i maggiori rappresentanti), era caratterizzata da strofe brevi, di struttura metrica costante, modellata su schemi melodici sempre identici.
Il poeta monodico, pur senza rinnegare la tradizione culturale di cui è erede, esprime la sua personale visione del mondo, spesso anche in contrasto con quella tradizionale. Egli si assume il compito di smitizzare le idee dominanti e di portare la poesia ad un livello umano.
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